Damasco, la città immortale

È il prototipo di immortalità”, scriveva Mark Twain. Ma non solo, anche il poeta palestinese Mahmud Darwish scrive ne Il collare damasceno della colomba: “A Damasco, il verbo al presente continua le sue faccende omayyadi: camminiamo verso il nostro futuro, sicuri del sole del nostro passato. Noi e l’eternità siamo gli abitanti di questo Paese”.

Questa è Damasco, avamposto sulle rive del fiume Barada, crocevia dai natali millenari. Oggi come ieri, da capitale longeva quale è, tesse i suoi seimila anni di storia con fili d’oro e d’argento, ricamati su tessuti damascati, lasciando sulle Aghbani e sulle Abaya, decorate tipologie di mantelle locali, l’impronta inconfondibile dei motivi arabescati che rivestono il marmo e il basalto dell’intera città. I primi insediamenti risalgono al cinquemila avanti Cristo e ovunque le pietre superstiti raccontano storie lontane migliaia di anni. Come quella narrata dai muri del Quartiere Cristiano, a est della Città Vecchia. Dove oggi si erge una cappella dedicata a San Paolo, è indicato il punto in cui il santo fu aiutato dai discepoli a scappare dalla finestra per sfuggire agli ebrei. O come quella di Saladino, divenuto icona della storia araba per aver dato filo da torcere ai Crociati, la cui effige bronzea si staglia all’ingresso del mercato coperto e a cui è stato dedicato un mausoleo dalla bella cupola.

Cuore pulsante della città, come per tutte le città del Medio Oriente, è il Souq, un dedalo infinito e caotico di stradine straripanti di bancherelle che vendono ogni tipo di merce. Buttarsi nel dedalo del Souq per riscoprire nuovamente l’affascinate profumo d’Oriente è un’esperienza inebriante per i sensi e per la vista. Partendo da via Recta si arriva a Bzurihe dove gli odori della spezie stordiscono, mentre ad Al Sagha gli splendori delle botteghe degli orefici luccicano a poca distanza dal Museo della medicina e delle scienze arabe. Ovunque, un trionfo di marmi e arabeschi inducono il visitatore a camminare a testa in su, facendo vagare lo sguardo tra caravanserragli, moschee, minareti e madrasse. Qui, tra i banchi di Al Hamidiyeh e Madhat Pacha, dove si trova l’immensa madrassa Al Nouriya, ci si perde tra i colori della seta. Il Souq delle Spezie è un altro mercato coperto nel cuore della città antica, a due passi dal Khan Asad Basha. Le spezie vengono esposte in grossi sacchi di juta e il profumo di tutte quelle polveri colorate si mescola per creare un effetto magico che si confonde tra i mille volti coperti delle donne intente nei loro acquisti e nelle voci quasi assordanti dei venditori che propongono la loro merce o che sono intenti a contrattare. Un vero stordimento di odori e sapori e colori, come l’arancione intenso delle torte basse basse e morbide come budini cotte a legno in enormi teglie rotonde simbolo dei festeggiamenti notturni del Ramadan.

La cucina di Damasco è genuina e variegata e molti piatti sono quelli tipici dei paesi medio-orientali confinanti. Ad ogni angolo si possono trovare bancarelle di falafel, polpettine di ceci fritte e accompagnate da verdure, hummus e yogurt. Dalla vicina Turchia, lo shawarma, che noi chiamiamo erroneamente kebab, è un panino a base di carne di agnello cotta su spiedini verticali, mentre dall’Egitto, per la colazione è molto facile trovare il ful, la zuppa di fave, oppure le fatteh, cucinate con ceci, sesamo, yogurt e olio fritto. L’antipasto, come per tutti i paesi del Medio Oriente, è a base di meze o di focacce al sesamo su cui spalmare deliziose salsine. A Damasco si possono assaggiare i buonissimi borek, dei fagottini ripieni di carne o formaggio. La carne di pollo o di montone viene spesso servita alla griglia ed è davvero saporita grazie alle spezie usate in fase di marinatura e cottura. Quanto ai dolci, si ha davvero l’imbarazzo della scelta: torte o piccola pasticceria a base di frutta secca, miele, pistacchi e  datteri appena sfornate hanno un profumo davvero invitante.