Affinità tra la birra e le spezie

Tra birra e spezie vi sono molti punti di contatto: a partire dalla loro storia, dalla naturalità dei prodotti, dalla versatilità fino alla facilità utilizzo.

Storia: così come per le spezie, anche la birra vanta una tradizione millenaria. Il passaggio per l’uomo preistorico dalla vita nomade a quella stabile è concretamente testimoniato da diversi ritrovamenti. La presenza di un particolare frumento non selvatico (Triticum dicoccum) e di orzo (Hordeum distichum) è chiara per esempio in rilevamenti compiuti nell’area di Gerico, poco distante dalla depressione del Giordano, dove si è accertato che gruppi di uomini cominciarono ad apprezzare i vantaggi di una fissa dimora intorno al 10.000 a.C. Quanto alla storia documentabile della birra, essa parte dalla Mesopotamia, almeno 4500 anni prima della nascita di Cristo. E a iniziarla fu, appunto, una donna. Alle donne la birra è stata a lungo riservata. E alle donne si deve anche l’invenzione delle prime modalità di conservazione dei cereali che, tenuti nell’acqua, possono in effetti dare luogo a maltazione e fermentazione. La prova scientifica più antica della produzione della birra risale a 5000 anni fa, in Asia, in reperti appartenenti alla popolazione dei Sumeri. Cinquecento anni dopo, nella fascia di territorio compresa tra i fiumi Tigri ed Eufrate, una tavoletta assira (nella foto)non solo nomina esplicitamente la birra, ma addirittura il mestiere di birraio.
Tra gli egiziani la birra era considerata una bevanda sacra. Ma tra i Sumeri, il primo popolo birraio, visto che gli ingredienti di pane e birra sono gli stessi (cereali e lieviti), presto il compito di birraio passò al fornaio stesso.
In terra italica, i primi estimatori della birra furono gli Etruschi che, nei loro convivi, amavano consumare una bevanda fermentata moderatamente alcolica, chiamata “pevakh”, fatta inizialmente con segale e farro, poi con frumento e miele.

Anche i Romani, dominatori dell’intero continente, pur preferendo il vino, che li faceva sentire più forti e civilizzati, non disdegnavano però questa bevanda “barbara” che tanto piaceva alle popolazioni non latine. Ne fu attratto Giulio Cesare che, nei suoi Commentarii, racconta come i Celti iniziassero ogni trattativa con una porzione della bionda bevanda; Augusto ne esaltò, addirittura, le virtù terapeutiche, convinto di essere riuscito a guarire da un fastidioso mal di fegato proprio grazie alla “cervisia” e anche Nerone ne fu fervido estimatore come Agricola, il governatore della Britannia, che, tornato a Roma nell’83 d.C. insieme a tre mastri birrai di Glavum, l’odierna Gloucester, trasformò la sua residenza nel prototipo di un moderno pub, con tanto di birreria e mescita annesse.

Nel Medioevo continuò a crescere il consumo della birra, specialmente nel Nord d’Italia, anche grazie alle continue incursioni dei Lanzichenecchi. Durante quel periodo, la produzione della birra crebbe soprattutto grazie ai monasteri, spesso rifugio di pellegrini i quali sostavano per riposare  e ricevevano ristoro con una bevanda gradevole e soprattutto sicura grazie alla bollitura del mosto di cereali che, sviluppandosi in alcol, eliminava gran parte dei rischi di malattie.
I monaci sperimentavano composizioni diverse alla ricerca di birre migliori e le monache aiutavano nella produzione destinata per lo piu’ ai malati e ai viandanti. La birra era consigliata perché considerata più salutare dell’acqua che, al tempo, era spesso contaminata.
Proprio nel Medioevo, nei monasteri dell’Europa centrale, per la prima volta venne introdotto il luppolo nella produzione della birra. Fu utilizzato soprattutto per le sue  proprieta’ conservanti oltre che per il caratteristico sapore amarognolo che sostituì erbe, spezie, bacche che fino ad allora erano servite  ad aromatizzarne il gusto.

La birra che si beveva in Italia fino a quel momento era, però, tutta d’importazione. Le cose cambiarono a metà del ‘700, quando Lazzaro Spallanzani scoprì che la fermentazione è il risultato del metabolismo di un essere vivente: il lievito. La prima vera fabbrica di birra aprì a Nizza Marittima, ancora italiana nel 1789, ad opera di Giovanni Baldassarre Ketter. Due anni dopo Giovanni Debernardi rilevò l’attività e ottenne la licenza per vendere la birra in tutto il Piemonte. Pochi anni dopo, nel 1890, le aziende che producevano birra nel nostro paese erano già 140: quasi tutte al Nord, grazie all’abbondanza di acque sorgive, e per la presenza austriaca sul territorio che portò buoni insegnamenti per quanto concerne la produzione.

Naturalità: le spezie sono sostanze naturali così come gli ingredienti della birra: cereali (soprattutto orzo) germinati in acqua e poi essiccati o torrefatti, lievito, qualità diverse di luppolo e acqua purissima. Niente di più sano e naturale della birra, prodotta ancora oggi come accade ormai da diversi millenni, nel rispetto di un procedimento che assomiglia a un rito.

Proprietà: come accade per le spezie che hanno numerose proprietà benefiche e da secoli sono utilizzate nella medicina orientale, anche la birra ha alcune proprietà interessanti: è ricca di folati che proteggono dalle malattie cardiovascolari; ha proprietà antiossidanti e agisce contro i radicali liberi responsabili di aterosclerosi e invecchiamento; ha un alto contenuto di fibre solubili che aiutano lo stomaco e l’intestino; la presenza di luppolo è preziosa per prevenire l’ossidazione cellulare e il rilascio di calcio dalle ossa, per le sue proprietà digestive, lassative e depurative; la presenza di potassio e magnesio a fronte di una scarsità di sodio accelera la diuresi, facilitando il lavoro dei reni e combattendo la formazione di calcoli.

Varietà: così come esistono innumerevoli varietà di spezie, si può dire la medesima cosa per le birre.  Ciò che le distingue oltre alla presenza di diversi tipi di malto è l’aggiunta di agenti aromatizzanti che possono essere i più disparati, ma sempre naturali e sono quelli che conferiscono un flavour  particolare ad ogni birra. Essi possono essere:

  • spezie tra le quali: anice stellato, cannella, coriandolo, noce moscata, chiodi di garofano, meleguetta, pepe nero, cardamomo, levistico, liquirizia e peperoncino
  • erbe come coriandolo, camomilla, trifoglio, gemme di abete rosso e aghi di pino
  • frutta: arance, mandarino, ciliegie, pesche, fragole e prugne
  • altri ingredienti oggi di moda come miele, cioccolato, caffè.

 

Le spezie possono essere aggiunte in vari modi alla birra a seconda dell’aroma che si vuole ottenere:

– durante la bollitura nella  fase finale perchè non perdano il loro aroma volatile
– aggiunte a freddo nella fase di raffreddamento del mosto racchiudendole in una garza per poterle eliminare
– come infuso (preparato immergendo le spezie in acqua calda) che viene aggiunto alla birra prima dell’imbottigliamento
– macerate in alcool per alcuni giorni, filtrate e aggiunto il liquido alla birra prima dell’imbottigliamento.

Versatilità: le spezie possono essere utilizzate in numerosissimi piatti partendo dall’antipasto al dolce. La loro versatilità di abbinamento può conferire un gusto o un aroma particolare a qualsiasi piatto. Un esempio su tutti è il cardamomo, perfetto in abbinamento per carni, pesci, bevande e dolci. Si può dire la medesima cosa per le birre che bene si accompagnano a molteplici tipologie di piatti.

Facilità di utilizzo: sicuramente a un primo approccio l’utilizzo delle spezie potrebbe non risultare di facile comprensione ma poi nella pratica tutto è più facile.  Lo stesso concetto lo si può esprimere per la birra che ben si abbina a moltissimi piatti della tradizione italiana e non solo. E’ una bevanda dal basso tasso alcolico, con un sapore molto più riconoscibile rispetto ad altre bevande e adatto a moltissime occasioni. Birra e spezie, un connubio che si è fatto strada solo negli ultimi anni, ma che vede però la birra come una grande alleata nell’abbinamento con le spezie grazie alle molteplici varietà in produzione.